Patrona degli scribi sumeri, Nisaba era la dea della scrittura, della saggezza e della sapienza.

In questo dipinto la vediamo raffigurata in una versione iconograficamente contemporanea che non attinge alle matrici iconiche tradizionali ed antiche; acconciata con delle treccine, che permettono di notare la forma anomala della testa, indubbiamente allungata rispetto alla norma.

Questo perché Nisaba fa parte di quella casta di divinità descritte con crani dalla capacità maggiorata, scientificamente teratologiche, anomale.

La striscia arancione dietro il viso, riproduce al proprio interno delle incisioni in un alfabeto detto “cuneiforme”, ritenuto antichissimo.

Qualche lettera di tale scrittura le viene trasferita ed impressa sulla pelle della fronte, come una cicatrice o un marchio a fuoco, una scarificazione. Un “significato” impresso, stigmatizzato, un segno di un superamento rituale d’appropriazione coscienziale.

Infine le sue labbra, non del tutto chiuse, quasi a sussurrare qualcosa, un segno verbale divulgativo che si inserisce esteticamente con un alto senso del sé, del ruolo consapevole di chi detiene la conoscenza e la può diffondere a chi è degno di riceverla.